Fra i castelli incantati d'una mente contortamente eccelsa,
s'aggirava adirata una dolce pulzella, anche se in quel frangente di dolce sapeva
poco in quanto era l'aspro a evidenziare il palato.
Percorreva ogni muro con tenacia mostranza, a ricercar una
pace per tutto il creato.
Si dice che a valle ci fosse un fringuello dal canto troppo
intonato per esser fermato e per notti e per giorni l'ha dimostrato donando
anche l'astio che l'ha accompagnato.
"Ho chiuso le porte, e serrato le orecchie, ma da quel
canto continuo non mi son separata!" Disse ormai stonata la dolce pulzella
"Non riesco più neppure a sentir l'eco dell'alba, rituona a gran voce quel
fievile canto, anche quando assetato riarsa la gola non odo nient'altro!"
"Eppur dentro la corte nessun canto si ode" osò
direi il giullare a sentire dell'ingenua
fanciulla, scatenando l'ossesso che dentro regnava:
"Cosa insinui o giullare dai mille scherni insensati,
ch'io sento le voci d'un niente che ascolta?"
"Ho no! mia signora dallo sguardo infocato, son io che
son assordato e per una volta ne giovo anziché intristirmi!" Fu filmine lo
sguardo che incenerì il giullare tanto da farlo persino fumare, lasciando la
scia abbandonò, la stanza borbottando fra i denti di una stolta che avanza, ma fu
coperto dal canto il suo inveire e la dolce pulzella non lo sentì neppure dire.
Questa è la storia d'una mente bacata che sentiva cantare
dove il canto non c'era, ma pur di viver giorni tranquilli chi doveva aiutarla
l'ha lasciata ammattire, senza neppure
pensare che bastava zittire un fringuello vocale, per il suo lontano udire.
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